ORGOGLIO BERGAMINO - RIEVOCAZIONE STORICA DI UNA TRANSUMANZA DA BERGAMO A GORGONZOLA (30 SETTEMBRE – 4 OTTOBRE 2020)
Manifesto della transumanza bergamina 2020
Itinerario della transumanza bergamina 2020
Quest’anno l’iniziativa ha alzato il tiro, superando i confini della città e della provincia di Bergamo, per ricostruire una vera e propria transumanza regionale, della durata di quattro giorni: poco meno di cinquanta sono i chilometri da percorrere con la mandria. Le varie associazioni aderenti si sono assunte ciascuna compiti diversi, per garantire le degustazioni serali a base di polenta e stracchino (ma anche casonsèi e scarpinòcc), la messa in scena di rappresentazioni teatrali, l’allestimento di pannelli espositivi, l’offerta di visite guidate volte alla conoscenza dei territori coinvolti dal transito della mandria, ... Il Centro Studi Valle Imagna, in particolare, ha offerto la proiezione in anteprima assoluta del nuovo film-documento L’ultimo bergamino, che aprirà la settimana dedicata alla transumanza bovina sabato 26 settembre, nella chiesa parrocchiale di Fuipiano, e la concluderà sabato 3 ottobre a Gorgonzola, con proiezioni programmate anche nelle tappe intermedie.
Mercoledì 30 settembre,
alle ore dieci, il bergamì, rigorosamente con scossàla allacciata alla vita,
cappello in testa e lungo bastone tra le mani, darà il via alla transumanza,
come quando Mosè - perdonatemi l’irriverente l’accostamento - si accinse col
suo popolo ad attraversare il Mar Rosso: si tratta di un rito di passaggio ed
equivale a una forte spinta al cambiamento, riguardante la vita delle
persone coinvolte, per il raggiungimento di una condizione salvifica,
strutturata attorno a tappe precise, che consentono agli individui la costruzione
di nuove relazioni con la loro contemporaneità. Ad attendere i bergamini alla
Bassa c’era la nuova vita in cascina, non più in libertà sulle praterie
montane, che si sarebbe prolungata da Santa Caterina (25 novembre) sino a San
Giorgio (23 aprile) - tanto duravano i
contratti per il fieno – ma poi dovevano essere predisposti anche i contratti
per l’erba (con estensione a quaranta giorni circa prima e dopo). Complicazioni
non indifferenti, che potevano richiedere tre o quattro transumanze interne, da
una cascina all’altra, durante una sola stagione invernale. Ogni volta besognàa
fà San Martì.
In talune circostanze non si poteva proprio fare diversamente e le esigenze
connesse all’allevamento bovino superavano di gran lunga quelle proprie della
famiglia e dell'organizzazione domestica. Quante rinunce, quanti
sacrifici, quante speranze! Soprattutto quanto amore per le vacche, chiamate
ciascuna per nome, come fossero persone! E quanta passione nel lavorare il latte e produrre gli stracchini! Vero orgoglio bergamino!
Transumanza bergamina. Bergamo,2017
L’esperto allevatore, Fabrizio Bertolazzi di Serina, il capo famiglia, nella ricostruzione della nostra transumanza, si porrà in testa alla sua mandria di circa venticinque vacche bruno-alpine e, dopo avere attraversato la città di Bergamo, s’incamminerà lentamente diretto verso il territorio milanese. Laggiù, dentro le cascine solo apparentemente isolate in mezzo a estesi tavolieri colturali, sino a tutta la prima metà del Novecento trovavano ristoro centinaia di mandrie provenienti dalle montagne orobiche occidentali, in forza di un’antica alleanza tra la montagna e la pianura, sancita dall’opera instancabile e coraggiosa dei bergamini, elementi di connessione tra territori strutturalmente diversi e lontani. Il carretto, con le varie masserizie della casa (come una roulotte) e gli attrezzi del lavoro chiuderà quella curiosa caroàna, mentre per i cani pastori sarà un continuo abbaiare e scodinzolare, avanti e indietro, ai lati del gruppo dei bovini, per tenerli in ordine e incitarli alla marcia. Proprio così, come avveniva un tempo. Al di là del lato pittoresco e degli aspetti di circostanza della singolare iniziativa, anche per quanto concerne la sua natura spettacolare attesa da parte del grande pubblico, la proposta nel suo complesso intende andare ben oltre la dimensione puramente folclorica. La ricostruzione storica della transumanza ci consente di recuperare la conoscenza dei luoghi e la loro funzione, per riscoprire i significati delle forme di economia rurale tradizionale, ancora oggi in grado di esprimere valori generali e competenze specifiche. È una preziosa occasione per conoscere e valorizzare il bagaglio di saperi concentrati nella vita e nel lavoro di abili allevatori e casari di monte, elementi identitari di una cultura rurale sempre meno evidente e in parte ancora misconosciuta. Si vuole cioè – questo è certamente uno degli obiettivi principali dell’iniziativa – portare alla ribalta un’espressione eloquente della civiltà rurale, per il complesso degli aspetti culturali spontanei e organizzati relativi all’allevamento delle vacche e alla produzione degli stracchini, che nei secoli hanno caratterizzato l’economia delle nostre valli, ma che sono in grado ancora oggi di offrire opportunità sociali, produttive connesse a nuovi processi di rigenerazione della ruralità. Le varie iniziative parallele di animazione e conoscenza, compresi i laboratori inerenti alla lavorazione del latte, dopo la mungitura serale e mattutina all’aperto, nei punti di sosta, svolgono evidentemente una funzione di coinvolgimento della popolazione e di sensibilizzazione del contesto sociale e istituzionale rispetto alla condizione rurale, di ieri e di oggi, considerata nel suo complesso.
Sulla civiltà dei
bergamini e le varie manifestazioni della transumanza, negli ultimi anni
abbiamo sviluppato molte indagini e raccolto numerose testimonianze, confluite
poi in diverse pubblicazioni, concentrate soprattutto lungo una delle tre
principali aste fluviali, quella del Brembo-Adda, lungo le quali si sono
sviluppate le principali rotte dei malghesi, che dalle montagne lombarde scendevano
regolarmente al termine dell’estate per svernare alla Bassa. Ulteriori indagini
andrebbero effettuate negli ampi territori di levante, lungo i bacini fluviali
del Serio e dell’Oglio, per cogliere nello specifico la dimensione e i
caratteri della migrazione zoo-casearia stagionale nella Lombardia orientale, sino
a raggiungere i fiumi Mella e Chiese. Lo stesso dicasi per la cintura a
occidente della città di Milano, sino a lambire le sponde del Ticino. Il corso
dei principali fiumi, infatti, ha rappresentato, oltre che una solida garanzia
per l’abbeveraggio del bestiame, soprattutto una linea di sviluppo verticale e
di orientamento delle tribù seminomadi di bergamini diretti, nel più breve
tempo possibile, verso le cascine provvisorie di destinazione. Raggiunta la
pianura, poi, abbiamo assistito a una distribuzione orizzontale delle famiglie
bergamine, che nei secoli scorsi hanno colonizzato estese aree, sino a raggiungere
le sponde del Po, comprese nell’ampio specchio di terra tra il lodigiano, il
pavese, il cremasco, con estensioni sino a Soncino, Soresina, Cremona e Mantova.
La ricostruzione storica di una transumanza bovina da Bergamo a Gorgonzola ci
consente di raccontare la grande storia dei bergamini, che viene da molto
lontano, nata sulle montagne lombarde da uomini e donne liberi e dalle grandi
vedute, i quali hanno saputo traguardare i limiti visivi imposti dalle loro
montagne, seguendo il corso dei fiumi, cercando anche in terre lontane
ulteriori possibilità e opportunità di progresso e di sviluppo, dove poter
garantire il sostentamento delle loro mandrie durante la cattiva stagione. Per
ritornare poi, a primavera inoltrata, sempre lassù, in montagna, dove riempirsi
di nuovo i polmoni di aria fine e ritemprarsi lo spirito. Come fanno i salmoni,
quando al momento della riproduzione ritornano
nello stesso fiume dove sono
nati, risalendo la corrente, per deporre le uova, così i bergamini, ritornano
ogni anno sui loro passi, ripercorrendo a ritroso le aste fluviali, per raggiungere
d’estate le alture, presso cui mantengono ancora le proprietà dei vecchi e dove
hanno avuto origine le rispettive famiglie.
Settembre,
andiamo. E’ tempo di migrare, scriveva Gabriele D’Annunzio nel 1903 in una
sua celeberrima poesia (I pastori). Si riferiva ai pastori abruzzesi, quando in
principio d’autunno lasciavano le loro montagne per dirigersi nelle zone di
pianura, come “esuli” diretti verso il “mare”, seguendo il corso degli antichi
tratturi, che tutti gli anni registravano migrazioni di uomini e bestiame.
Così ci
accingiamo a fare anche noi, tra poco più di una settimana, almeno in forma
simbolica, mediante la rievocazione storica di un fenomeno passato di ampie
dimensioni, ancora presente sia nel vissuto degli allevatori meno giovani, sia nella
straordinaria cultura zoo-casearia che i bergamini hanno saputo esprimere e che
rappresenta oggi un formidabile bagaglio socio-economico in continua fase
rigenerativa. Quassù, nelle aree montane e pedemontane delle Orobie, i
“tratturi” di casa nostra non sono più così evidenti e conosciuti come quelli
delle montagne e colline abruzzesi, alcuni dei quali conservati ancora oggi e
posti sotto tutela, anzi gran parte delle rotte bergamine tradizionali sono
state sopraffatte da un continuum
urbanizzato di recente formazione, che ha radicalmente alterato il volto dei
luoghi e l’uso del suolo, trasformando gli antichi stallazzi di sosta in
moderne palazzine, vietando il transito ordinario delle vacche e dei carri
sulle strade, scardinando e decontestualizzando le funzioni storiche delle
vecchie cascine, molte delle quali ormai abbandonate a sé stesse o radicalmente
trasformate. Non è stato facile per gli organizzatori di questa transumanza
ricostruire l’itinerario tradizionale delle mandrie bergamine lungo l’asta del
Brembo, poi dell’Adda, poiché la geografia stessa è stata
radicalmente alterata e resa persino irriconoscibile, ormai pressoché inadatta
ad ospitare il transito dei quadrupedi. Sono rimasti ben pochi segni del
passaggio delle mandrie che, a migliaia, migravano
in montagna la primavera, per ritornare alla Bassa in autunno. Nessuna traccia
delle antiche infrastrutture di servizio. Lo stallazzo di Ponte Giurino è stato trasformato in uffici, spazi per attività commerciali e appartamenti, mentre quello del Ventolosa in ristorante e albergo. Ancora una volta, per ritrovare il
filo della memoria, occorre ripartire dalla montagna. Anzi, a qualcuno
attualmente le vacche danno fastidio: sporcano, puzzano, fanno
eccessivo rumore con i loro campanacci al collo, sono un potenziale pericolo
per ciclisti, escursionisti, podisti, turisti, ai quali sono ormai state
destinate le aree verdi dei circondari urbani della città infinita, mentre i
pochi quadrupedi rimasti devono rimanere rinchiusi nelle loro riserve…
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