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Visualizzazione dei post da 2022

ÜH... PINO!

La fienagione del maggengo è quasi ultimata anche quassù, in montagna. Rimangono da falciare i praticelli distanti dalle contrade, molti dei quali ancora sprovvisti di strade trattorali, dove il tempo pare si sia fermato, non intaccati dalla modernità, e si ripetono ogni anno fatiche ancestrali. Li chiamano “ l ö ch ”, ciascuno seguito dal proprio inconfondibile toponimo, identificativo del contesto, e costituiscono particolari isole ambientali di radura, ormai costantemente minacciate dall’avanzare inclemente e disordinato del bosco: l’immancabile stalletta si presenta come un fortino a presidio delle modeste produzioni agrarie nel pascoletto e sulle piccole “ sée” , nella boschina e sul fazzoletto di terra coltivato a prato stabile. Postazioni avanzate di controllo e governo del territorio, un tempo finalizzate soprattutto al sostentamento delle famiglie rurali. Nel l ö ch delle Patèrne, dove mi trovo in questo momento, il cui elemento onomastico mi riporta alle antiche prop

PENSIERI VAGANTI SUL VIALE ALBERATO DI SAN TOME’

  La decisione consapevole, intrapresa verso la metà degli anni Novanta, di istituire, nel complesso adiacente al tempio di San Tomè, l’Antenna Europea del Romanico, un’istituzione a specifica vocazione culturale presso la quale studiare, riconoscere e promuovere le valenze storico-culturali del territorio, in connessione con i valori locali e le esperienze analoghe provenienti da altri contesti europei, m’interroga ogni qualvolta, la terza domenica del mese, assisto al Mercato Agricolo che si sviluppa lungo il viale alberato. L’attendamento agricolo è allineato all’ombra di maestosi alberi, anch’essi disposti in fila indiana, che attribuiscono al contesto un’atmosfera particolare: immersa nell’agro di Lemine, spicca la Rotonda, semplice e maestosa chiesa a pianta circolare. Formaggi freschi e stagionati, salumi, frutta e verdura, miele, marmellate e confettura, uova fresche di galline ruspanti,… arricchiscono e identificano il paniere dei beni agroalimentari del

ADIEU, MONSIEUR LE PROFESSEUR!...

  Ieri ho appreso da L’Eco di Bergamo della dipartita di Mario Scalisi, insegnante, amministratore e politico ben noto nella Valle Imagna degli anni Ottanta. Mi hanno mostrato il necrologio pubblicato sul giornale proprio quando stavo riflettendo, con la penna in mano, sulla necessità di ritornare a pensare alla grande, per sognare, mettere a fuoco e cercare di costruire ciò che si desidera, senza limiti pregiudiziali, con creatività e in positivo, in vista di disegnare sul territorio azioni concrete di sviluppo destinate a formulare nuove prospettive, come il progetto di collegamento viario intervallare passando attraverso il valico della Costa del Palio.    Mentre quelle riflessioni sono confluite nel post pubblicato nemmeno ventiquattro ore fa, ora, sempre con la penna in mano, ricordo con piacere la figura di Mario Scalisi e ritorno sull’argomento, perché penso che, proprio attorno alla filosofia del “pensare alla grande”, sia stata ispirata la sua vita pubblica. L’ho conosciuto ve

QUANDO LA MONTAGNA RITORNA A PUNTARE IN ALTO E A PENSARE ALLA GRANDE

Un caro amico un giorno mi disse, mentre a bordo della stessa automobile cercavamo di immetterci, con estrema difficoltà, nel rondò dell’autostrada di Bergamo, aprendo un varco nel “muro” della lunga fila di automobili antistanti in corsa: - Mi piacerebbe tanto obbligare il professionista che ha progettato questo svincolo a entrare e uscire in continuazione, per una settimana intera, dal rondò. Se non incidentato, ne uscirebbe pazzo!... Allo stesso modo, a distanza di qualche anno, non mi dispiace l’idea di invitare gli amici così allarmati dal pensiero simbolico dell’asfalto (che peraltro calpestano tutti i giorni) e dalle sue astrazioni, quindi per principio contrari alla stabilizzazione del sedime viario che dall’Alta Valle Imagna, attraverso la Costa del Palio, conduce in Valsassina, a percorrere quella strada bianca per una settimana intera, su e giù di continuo alla guida di un trattore carico di legna, letame, anche animali, zigzagando qua e là per evitare buche e cedimenti,

LA RINASCITA DI UN MANUFATTO DI EDILIZIA RURALE DI PREGIO

Agli escursionisti e ciclisti, cavallerizzi e gitanti, che percorrono - chi abitualmente e chi per la prima volta - la strada panoramica da Berbenno in direzione di Recüdì , l’antica e isolata contrada rurale disposta sul versante occidentale del Monte Poren, sotto la protezione della bella chiesetta di San Piro , svettante sulla cima col suo separato campaniletto, non passa certamente inosservata una piccola costruzione di pietra dal carattere quasi fiabesco, proporzioni umili e solo apparentemente semplici. La si incontra dopo aver camminato su una strada rurale pianeggiante per circa due chilometri, partendo da Cà Bafé e attraversando in successione i nuclei abitati di Prato Beato, Caégie e Ronchècc , nell’alternanza tra boschi, prati e pascoli inseriti in un contesto dai caratteri ambientali, urbanistici e storici ancora ben riconoscibili e di notevole interesse paesaggistico. Prospettive mutevoli stimolano il viandante ad un continuo confronto con la realtà prossima, ai margin

LA PULT, NARRAZIONE VIVENTE DI ESPERIENZE TRASCORSE E ATTUALI

  Sia l’abate Angelini (sec. XVIII) che il Tiraboschi (sec. XIX), nei loro rispettivi dizionari, non dedicano troppo spazio alla descrizione della pult , un piatto comunque assai diffuso nella dieta contadina sulle Orobie. Il primo la descrive vagamente come una sorta di poltiglia, accostandola alla polenta, ma senza distinguerne i caratteri, mentre il secondo la considera una sorta di indefinita farinata di granoturco cotto in molta acqua, come la polenta ancora annacquata e in fase di prima cottura, quindi non ancora addensata. Diversamente, invece, nel linguaggio comune del giorno d’oggi, la polta non è altro che una polentina di farina bianca, quindi di frumento, considerata forse ancora cibo ordinario della povera gente, un po’ come il pastaròt per le galline o il pastù per i maiali.   In realtà la pult, nella versione tramandata nella famiglia di chi scrive, è sempre stata molto di più, una sorta di polentina dall’aspetto semisolido ottenuta dall’impasto e