Stefano Frosio
Stefano non è solo un bravo pizzaiolo, comproprietario, assieme ai suoi fratelli, di uno spazioso esercizio pubblico situato proprio nel centro della Felìsa, dove con una certa regolarità metto le gambe sotto il tavolo per gustare una prelibata pizza accompagnata da speck e stracchino (quello nostrano, prodotto dai nostri allevatori di monte), alternata all’immancabile Fumata Bianca, farcita con diversi ingredienti. Una vera esplosione di sapori alpini e mediterranei. I meno giovani sanno che questa pizza è stata voluta alla memoria di Dante, suo papà, per non dimenticare quando, la mattina del 28 ottobre 1958, dalla stufetta istallata in prossimità dell’abitazione del noto fotografo della Valle Imagna, ma in luogo accessibile e visibile da tutti, fuoriuscì il fumo bianco: da quel momento ol Capelù - così la popolazione della valle lo aveva soprannominato, in relazione al suo vistoso cappello nero a larghe tese – ha iniziato ad annunciare a gran voce l’imminente elezione del cardinale Roncalli al Soglio pontificio, anticipando così il solenne evento che sarebbe stato proclamato in Piazza San Pietro solo nel pomeriggio di quella memorabile giornata. La sua particolare sensibilità, soprattutto l’avere intuito e previsto ciò che stava per accadere, con il coraggio e l’audacia di rendere pubblica tale visione, gli ha procurato un secondo appellativo popolare, quello di Striù. Stefano ha ereditato dal papà un’accesa devozione per Papa Giovanni, oggi Santo, che non ha mai smesso di dichiarare ai quattro venti, promuovendo diverse iniziative; sua è stata l’idea di rinnovare, il giorno 10 agosto di ogni anno, la memoria dell’ordinazione sacerdotale di Don Angelo Giuseppe Roncalli nella contrada Roncaglia, da dove probabilmente discesero gli antenati dl Papa Buono, con una messa e altre attività collaterali. Ogni volta si ripete l’immancabile concorso di folla, per questa forma di pietà popolare. Sua è stata pur l’idea di realizzare in questi ultimi anni una serie di medaglie celebrative dedicate a San Giovanni XXIII, dal pregevole conio e con realizzazione in bronzo, argento e oro, destinate non solo al mondo di collezionisti; ha altresì collocato targhe e lapidi nei principali luoghi giovannei della valle, sempre guidato da un istinto irrefrenabile che lo porta ad agire da protagonista, a non delegare ad altri le proprie responsabilità, a dare segni concreti e tangibili della memoria collettiva. Sua - ancora - è stata l’idea di realizzare il grande affresco murale dedicato a Papa Giovanni sulla parete di un edificio privato alla Felìsa. Nel contempo ha raccolto e conserva diversi documenti epistolari di Papa Giovanni, come pure alcune elementi del suo abbigliamento e corredo liturgico (due copricapi a forma di calotta, una papalina e uno zucchetto; una pianeta,…), acquistate sul mercato dell’antiquariato e del collezionismo.
La grande sala della pizzeria Fumata Bianca
L’ampia sala rettangolare della pizzeria Fumata Bianca, con affaccio terminale sul torrente Imagna presenta, su uno dei due lati maggiori, grandi finestre a vetro, le quali attribuiscono a tutto il contesto trasparenza e luminosità. Sui davanzali Anna Maria, la sorella, coltiva i gerani, come fossero sue creature: fiori straordinari, bellissimi e pieni di vita, simili a robuste piante, tanto sono rigogliosi ed esuberanti, nel loro tentativo di risalire su quelle alte vetrate, attratte dalla luce e dal calore. Un ampio ventaglio di colori, forme e profumi rende la sala un’oasi ambientale, tale da fare invidia anche ai migliori “pollici verdi” particolarmente portati al giardinaggio. Sulle pareti, invece, sono appese fotografie di grandi dimensioni stampate su supporti lignei, per documentare i diversi aspetti della Valle Imagna, connessi alla sua storia sociale: gli scatti di Dante Frosio, in questo caso, costituiscono un’ideale decorazione interna, anzi un esplicito invito rivolto a coloro che, accanto al buon cibo, desiderano avvicinarsi ai luoghi e ai caratteri umani del territorio. Ciascuna gigantografia costituisce l’incipit di una storia, ma anche il suo riassunto più eloquente, oppure lo strumento per entrare in una nuova dimensione di ricerca e di conoscenza. La mattina, dietro al banco situato a fianco della porta d’ingresso, ma anche durante il pomeriggio mentre si aggira affaccendata tra i tavoli da apparecchiare, è facile incontrare Cecilia, vedova di Dante, vera matrona di quella casa, con la sua consueta determinazione nel voler fare e una grinta d’altri tempi, che traspare non solo dai movimenti decisi, quanto piuttosto sul volto arcigno e dolce nello stesso tempo. Ha visto nascere quella grande infrastruttura e non riesce a staccarsi da essa: dietro il fisico esile e minacciato dallo scorrere inclemente del tempo, si nasconde una donna esigente e dotata di tanto coraggio. Si approccia in modo gentile con i clienti, ma l’espressione del volto si fa cupa e severa quando si lamenta per l’ennesima volta dell’improvvisa e veloce “fuga” di Stefano, assentatosi a sua insaputa dal posto di lavoro, confinato abitualmente accanto al forno a impastare, farcire e cuocere le pizze. Qualche iniziativa esterna avrà richiesto la sua presenza. Cecilia si abbandona a una piacevole finzione, investita dal ruolo che le impone una posizione di moderazione e di direzione, poiché sa che suo figlio, come prima di lui è stato suo marito, è animato da entusiasmi, bontà e amore per la valle, generosità e altruismo.
Il piccolo Stefano (a destra) con papà Dante e mamma Cecilia (a sinistra) al Santuario della Cornabusa
Stefano è anche un esperto collezionista, noto nel contesto cittadino, distintosi soprattutto per la raccolta di cartoline postali connesse ai diversi villaggi e ambienti della Valle Imagna. La sua collezione è composta da migliaia di cartoncini, viaggiati e non, che costituiscono oggi un’importante testimonianza per documentare l’evoluzione dei tempi, la trasformazione delle varie identità di luogo. Il Resegone con le sue contrade distribuite nel bacino dell’Imagna, ma anche Almenno, già anticamente sede di pieve, Bergamo e Venezia, il cui Stato di Terraferma aveva esteso il dominio sino alla Valle Imagna, terra di confine e frontiera, costituiscono i grandi temi della sua preziosa raccolta. Solo per Venezia ha collezionato oltre cinquemila cartoline postali. Esiste una sorta di profondo legame che unisce, dentro la storia, i diversi centri di interesse del nostro collezionista, il quale è attento a non trascurare alcun altro aspetto o elemento in grado di aprire nuovi squarci di conoscenza nella vita delle popolazioni dell’Imagna. Diverse sue collezioni, ben organizzate e conservate, sono state negli anni attrattivamente esposte e fatte conoscere anche attraverso alcune pubblicazioni del Centro Studi Valle Imagna, come quelle della collana Saluti dalla Valle Imagna,…
Saluti dalla Valle Imagna - Collana di studi sulla cartolina storica
L’elemento denominatore comune, che sta alla base delle attività di pizzaiolo e collezionista, è il suo profondo radicamento sul territorio, non uno qualsiasi, ma l’ambiente dove è vissuta e si è sviluppata la sua famiglia. Questa presenza attiva e assai concreta lo porta di fatto a operare quale animatore culturale e socio-economico, mettendo in risalto le vicende antiche e attuali della valle. La pizzeria improvvisamente si trasforma da luogo di ristorazione in un centro per la promozione di attività di conoscenza e valorizzazione del territorio. L’esercizio pubblico diventa centro d’irradiazione di nuove idee e ambito di costruzione di scenari variabili, con progetti e iniziative varie. Stefano ha dato impulso a diversi raduni dei principali casati della valle, come è avvenuto per i Locatelli, i Frosio Roncalli, gli Invernici,… e continua a stimolare in prima persona le istituzioni civili e religiose per l’elaborazione di idee e attività destinate a vivacizzare il contesto e a sensibilizzare la popolazione a nuove prospettive sociali ed economiche. Stefano è un prim’attore instancabile delle vicende della sua valle. La pizzeria si configura quale punto di riferimento per gli emigranti che ritornano dall’estero in valle per le vacanze estive, perché lì trovano sempre una calorosa accoglienza e tutte le principali informazioni circa le novità locali. In valle non c’è nessuno che non abbia avuto uno zio, un fratello, un parente emigrato all’estero, quando soprattutto nel secondo dopoguerra i ragazzi crescevano con l’idea che un giorno sarebbero partiti, poiché dopo tanti secoli si era rotto quel prezioso equilibrio con la terra, che aveva retto l’economia rurale delle famiglie. L’idea era sempre la stessa e faceva leva su un progetto di vita: lavorare sodo e mettere via due soldi per sposarsi, sistemare la casa, onorare un debito, acquistare un pezzo di terra,… al punto che quassù l’economia degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta del secolo scorso era fondata soprattutto sulle rimesse degli emigranti. Per molti di essi l’idea del ritorno è rimasta solamente una cullata aspirazione, mai avveratasi definitivamente, fatte salve le veloci rimpatriate estive. Quest’anno, lamenta Stefano con profondo dispiacere, a causa della pandemia in corso si sono visti pochi Francesi, che di solito fanno la loro abituale comparsa annuale tra giugno e luglio.
Contrada Roncaglia (Corna Imagna)
Ora poche righe per annunciare cosa sta “bollendo” nella pentola, sempre con sotto il fuoco acceso e fiamma viva, dell’amico Stefano. In particolare mi soffermo su tre iniziative, tra le diverse in cantiere, collocate rispettivamente a breve, medio e lungo termine.
Innanzitutto un significativo gesto di generosità: lunedì 31 agosto 2020, di concerto con Diego, titolare della Pasticceria Acquario, ha invitato in pizzeria tutto il personale infermieristico della valle: una pubblica attestazione di gratitudine per l’eccezionale lavoro svolto dagli operatori sanitari durante l’attuale emergenza pandemica.
A medio termine, invece, si sta adoperando affinché il Comune di Sant’Omobono Terme, in accordo con l’Istituto comprensivo dell’Alta Valle Imagna, proceda a commissionare a un artista la realizzazione di un grande affresco murale, sulla parete esterna del polo scolastico, raffigurante il noto architetto Giacomo Quarenghi, cui la scuola è titolata e che molti studenti non conoscono ancora.
Infine… ecco il grande sogno di Stefano: portare in processione la statua della Madonna della Cornabusa sulla cima del Resegone, collocandola proprio davanti alla grande croce ferrea. Ha già ipotizzato la data, l’ultima domenica dell’agosto 2025, nel centenario dell’inaugurazione della posa della croce sull’amata montagna. La forza di convincimento di Stefano è tale da personificare gli ambienti naturali, con cui apre relazioni quotidiane ed essi richiedono attenzione. Così – racconta il nostro animatore – quella Madonnina, con in grembo Gesù Crocifisso deposto dalla croce, che dalla Grotta volge il suo sguardo verso il Resegone, sembra dire ai suoi valligiani: “In oltre cinque secoli di devozione, non mi avete mai portato lassù, sul tetto della valle!”. Non è folclore, ma sincera manifestazione di pietà popolare.
Agosto 1925 - Inaugurazione della nuova croce sul Resegone con il card. Tosi (disegno di Beltrame)
Stefano è un uomo d’azione, è uno che fa, si rimbocca le maniche e costruisce di prima mano progetti e iniziative, investendo energie e risorse private nell’interesse di tutta la valle, che sente e vive come casa propria. Soffre quando qualcuno parla male del suo territorio, anzi è come se si sentisse minacciato in prima persona. Un po’ come suo padre, quando si allontanò contrariato il giorno in cui iniziarono i lavori di abbattimento dell’Arco dei Papi, sulla strada provinciale poco oltre Put de Prida, per non assistere né sentire i rumori di quello che per lui non era altro che un grande scempio. Erano gli anni in cui si assisteva a un serrato confronto quotidiano tra le esigenze della modernità e le questioni attinenti alla conservazione delle espressioni della cultura locale. Quasi sempre lo scontro si risolveva a scapito di quest’ultima.
Riconosco in Stefano il “tipo” valdimagnino: volitivo, generoso, con tanta voglia di fare (e di fare bene) e öna mögia di progetti e di impegni per la caàgna. Al comportamento della cicala - che oggi va per la maggiore - preferisce quello della formica. Non si limita a chiacchierare, oppure a criticare il lavoro degli altri, ma – testa bassa, ginocchia piegate e mani protese in avanti – modella idee e perfeziona progetti. Lo vedo sempre con le mani in pasta, non solo delle sue deliziose pizze, ma soprattutto con l’intento di attuare qualche nuova iniziativa per dare ulteriore lustro alla valle.
Bravo Stefano.
Stefano Frosio
Non sei il solo a fermarti alla Fumata Bianca. Noi ci andiamo ogni volta che veniamo in valle. Stefano è un carissimo amico, appassionato della sua valle. Oltretutto la sua pizza è buonissima, mentre per mio marito prepara la polenta con il lardo. E venuto alla Chaux-de-Fonds l'anno scorso al funerale della zia Maria (sorella di Cecilia) e anni prima al funerale del cugino Aldo. Un altro cugino era Don Lino Salvi (missionario) che riposa nel cimitero di Berbenno
RispondiEliminaQui alla Chaux-de-Fonds c'è ancora la cugina Vanda e il cugino Renato che conosciamo molto bene.
Salutalo da parte nostra. Forse verremo alla metà di settembre , sempre che mia figlia riesca a convincere il padre.
Saluti e grazie per il racconto
Lilliana Pellegrini
Non mancherò di salutartelo. Quando rientri a settembre chiamami. A presto. Antonio
RispondiEliminaGrande Stefano, un vulcano di iniziative
RispondiEliminaInstancabile animatore della sua Valle Imagna e carissimo amico.
RispondiEliminaCiao Stefano
VZ