Letizia, musicista professionista di origini bergamasche e ascendenze materne dalla Valle Imagna, vive attualmente in Olanda, anche se l’attività concertistica la porta a varcare diverse frontiere soprattutto nei Paesi del Nord-europa. Torna di frequente a Bergamo, la sua città del cuore, dove vive la famiglia, soprattutto in questo periodo di crisi socio-sanitaria, che ha messo in ginocchio diversi circuiti artistici e rinviato molti appuntamenti musicali. La brava clarinettista è stata protagonista di una storia a lieto fine - una sorta di fiaba dei nostri tempi – nata nel Web, quella grande e stupefacente piattaforma comunicativa che ci consente di partecipare, virtualmente ma in tempo reale, agli avvenimenti che accadono in qualunque luogo. Alcuni mesi fa Letizia ha letto sui social un post di Cà Berizzi riguardante il brano musicale intitolato Babau, con riproduzione della bella copertina. Quella composizione musicale, ispirata a un mostro immaginario dalle caratteristiche non ben definite, che nella tradizione veniva evocato per spaventare i bambini, l’ha subito incuriosita e ha messo in moto un percorso di ricerca: la musicista si è fatta inviare la composizione completa dalla Bibliostessa di Cà Berizzi, dove si trova depositato lo spartito originale, l’ha studiata e proposta alla collega violoncellista Sylvia Cempini, entrambe facenti parte del collettivo di musicisti di Phoenix Ensemble. Chissà da quanto tempo non viene più eseguito quel brano musicale, Babau Galop Surprise di Jules Burgmein, pseudonimo di Giulio Ricordi, scritto in un periodo, tra il 1870 e l’inizio della Grande Guerra, che ha visto fiorire diversi percorsi culturali e artistici. Un omaggio alla Belle époque e al genere bourlesque, caratterizzato da umorismo e divertimento spensierato, allegria e piccoli intermezzi buffi che fanno sorridere e inquietano allo stesso tempo.
Il brano, originariamente
scritto per pianoforte, è stato eseguito dal duo musicale, con clarinetto e
violoncello, la prima volta alcuni mesi orsono a Rotterdam, nel corso di un
concerto. “Abbiamo deciso di proporre
questo pezzo come uno scherzetto musicale a fine programma, anche se dobbiamo
ammettere che non è stato tecnicamente semplice; allo stesso tempo sono sempre
molto emozionata di suonare pezzi composti o trovati nella mia terra natia”,
ha scritto Letizia in un suo recente post. Babau
è stato poi riproposto in diverse altre esecuzioni musicali, in occasione di
vari concerti. La curiosità ha portato Letizia ad approfondire ulteriormente,
alla fonte, il nuovo giacimento musicale, visitando personalmente la
bibliosteria di Cà Berizzi e visionando il fondo Carlo Locatelli, costituito da
oltre un migliaio di spartiti, manoscritti e a stampa, di area lombarda, risalenti
al diciannovesimo secolo, con estensione ai primi lustri del Novecento. Ha
individuato diversi altri brani da studiare, per proporre ed eseguire durante i
suoi concerti. Nel frattempo Giorgio Appolonia, storico della musica e
appassionato interprete teatrale, ha avviato uno studio per integrare le
informazioni necessarie alla catalogazione dei vari pezzi, che già sono
rinvenibili nel sistema nazionale Opac Sbn. La biblioteca Costantino Locatelli,
presso la Bibliosteria di Cà Berizzi, ospita anche un secondo prezioso fondo
musicale, quello di Luis Frosio, già Direttore dell’Orchestra dei cento violini
di Montecarlo, che attende di essere catalogato e studiato.
Letizia si lascia trasportare dalla musica e la sua dedizione
alla musa delle dolci note è totale: impegno e vivacità, slancio e ottimismo la
proiettano verso nuovi traguardi. Dopo l’esecuzione di Babau, quale ulteriore omaggio al fondo musicale di Cà Berizzi,
durante il recente concerto (4 ottobre 2020) nella Sala convegni della Bibliosteria,
sempre assieme a Sylvia Cempini, ha eseguito anche un altro brano, Omaggio a Giulio Verne, tratto anch’esso
dalla preziosa raccolta del Centro Studi Valle Imagna. I suoni prodotti dal
dialogo musicale tra clarinetto e violoncello hanno animato la bella sala di
pietra, con volta a sìlter, situata
al piano seminterrato del complesso monumentale, dove un tempo c’erano le
cantine. Le onde sonore rimbalzavano tra le pietre e si propagavano, senza
sovrapporsi, offrendo un’ottima audizione. Ma la migliore armonia ottenuta è
stata certamente quella della consonanza tra i due strumenti, che vibravano in
perfetto accordo tra loro, offrendo all’orecchio gradevoli melodie e ottime
impressioni. A colpire il cuore, invece, oltre ai piacevoli effetti dei brani eseguiti,
non di meno ha prevalso la piena partecipazione personale delle due musiciste
alla narrazione: abbiamo assistito a un’espressione compiuta, nella quale il
suono, lo strumento e le musiciste costituivano un tutt’uno. Mentre Sylvia abbraccia il suo violoncello e lo accarezza dolcemente, toccando le corde più profonde dei nostri sentimenti, Letizia contribuisce all’esecuzione non solo attraverso il "magico" soffio vitale
nell’ancia del clarinetto, ma trasferendo nel movimento del corpo e in una
spiccata gestualità le emozioni e le allegrie vissute nel componimento musicale
e… comunicate con grinta e determinazione.
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