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PENSIERI VAGANTI SUL VIALE ALBERATO DI SAN TOME’

 

La decisione consapevole, intrapresa verso la metà degli anni Novanta, di istituire, nel complesso adiacente al tempio di San Tomè, l’Antenna Europea del Romanico, un’istituzione a specifica vocazione culturale presso la quale studiare, riconoscere e promuovere le valenze storico-culturali del territorio, in connessione con i valori locali e le esperienze analoghe provenienti da altri contesti europei, m’interroga ogni qualvolta, la terza domenica del mese, assisto al Mercato Agricolo che si sviluppa lungo il viale alberato.

L’attendamento agricolo è allineato all’ombra di maestosi alberi, anch’essi disposti in fila indiana, che attribuiscono al contesto un’atmosfera particolare: immersa nell’agro di Lemine, spicca la Rotonda, semplice e maestosa chiesa a pianta circolare. Formaggi freschi e stagionati, salumi, frutta e verdura, miele, marmellate e confettura, uova fresche di galline ruspanti,… arricchiscono e identificano il paniere dei beni agroalimentari del territorio, di oggi e di ieri, frutto del particolare rapporto degli artigiani del cibo con il loro ambiente. Sono gli stessi beni che hanno costituito la base della dieta contadina delle popolazioni disposte sui versanti dell’Imagna, sin dal Medioevo, fatti oggetto di scambio o messi all’incanto nei pressi della chiesa plebana di Lemine, poco distante da San Tomè, dove dalle varie contrade della valle le persone si recavano per adempiere ai propri doveri religiosi, civili e di giustizia.

 


Il tentativo di lettura critica della realtà mi porta a riconoscere e identificare un luogo per come si presenta al giorno d’oggi, ma anche per quello che, almeno nelle intenzioni, avrebbe voluto essere. Nel tempo i progetti cambiano, si trasformano, evolvono in relazione alle nuove opportunità, alle dinamiche socio-economiche e, soprattutto, alle intenzioni e alle volontà delle persone che li interpretano. Ogni qualvolta partecipo all’allestimento del banchetto di mio figlio per la promozione dei formaggi di pecora prodotti nella sua azienda, sulla montagna di Recüdì, in Alta Valle Imagna, il pensiero naviga lontano nel tempo, penetra oltre le mura della magnifica Rotonda dallo stile evoluto, ricostruisce progetti passati ma non consunti, cerca di cogliere scenari presenti e futuri di un luogo assai particolare investito da una formidabile energia che ci consente di vivere e di assaporare una particolare e personale relazione con la storia.

 

 

Ho partecipato personalmente a quella stagione fondativa, assieme ad altri amici, e recentemente mi sono capitati tra le mani documenti, relazioni, intese e altri incartamenti prodotti nella fase preliminare di messa a punto dell’idea iniziale e di passaggio alla fase progettuale. Al centro di quel sogno, con profonde e mirabili radici nelle diverse espressioni della tradizione insediativa locale, c’è sempre stata la Rotonda di San Tomè, considerata innanzitutto come chiesa, non solo quale monumento storico, quindi avvolta dal mistero e dalla sacralità del luogo, che si estende anche alle aree circostanti, percepite nelle funzioni di pertinenza e rispetto religioso. Rimbalza nella mente la lezione del parroco della mia infanzia, Don Emilio Masserini, il quale, all’occorrenza, si trasformava in un attento vigile nell’impedire che le automobili varcassero il limite inviolabile del sagrato della chiesa del piccolo villaggio in Alta Valle Imagna, destinato all’incontro tra le persone e al loro graduale avvicinamento alla divinità. Uno spazio riservato allo spirito, che si raggiunge attraverso un cammino interiore e personale. Gesti e regole che si rifanno a sensibilità e attenzioni diverse. Il tempio di San Tomè, il viale alberato, l’ex complesso monastico adiacente, la retrostante valletta del Tornago e la distesa dell’agro a occidente costituiscono un tutt’uno, formano un’unità ambientale di pregio, espressione di una straordinaria lezione storico-culturale e socio-economica giunta sino a noi dal Medioevo.

 

 

Quasi trent’anni fa, durante quel periodo, caratterizzato da forti spinte ideative e progettuali, quindi nella fase di avviamento delle prime attività dell’Antenna, abbiamo sempre evitato di percorrere con l’automobile quel viale alberato, parcheggiando di conseguenza le autovetture nell’apposita area situata all’inizio del percorso, come del resto avviene anche oggi. Quel viale alberato rappresenta lo spazio di connessione tra la realtà concreta e l’infinito, tra la storia e il mistero, tra il presente e il passato, quindi inscindibilmente unito al tempio di San Tomè. Come pure inseparabile dalla Rotonda è ciò che rimane del complesso monastico adiacente, dal cui sobrio restauro sono stati ricavati alcuni spazi funzionali per lo svolgimento delle attività dell’Antenna, quali la sala riunioni, la biblioteca specializzata, lo spazio espositivo, gli uffici, la foresteria, un piccolo ristoro per l’accoglienza e la divulgazione delle iniziative del sodalizio. Tali spazi, gravitanti attorno all’ampia corte selciata interna, chiusa a fortilizio, erano stati preordinati ad accogliere l’organizzazione dell’Antenna e le sue attività di documentazione e animazione culturale, per riscoprire la storia e l’arte del luogo, aprire spazi di pensiero, di ricerca e di confronto tra studiosi e ricercatori, chiamati a ospitare e mettere a fuoco esperienze provenienti anche da altri contesti. Un luogo d’incontro tra le persone e le diverse manifestazioni del Romanico europeo. Le prime azioni, in tal senso, erano state condotte con analoghe ed eloquenti realtà rappresentate da gruppi culturali di Spagna, Sardegna e Francia, incrociati sulla base dei medesimi interessi e al centro di scambi, visite, ricerche comuni.

 


Negli ultimi due lustri del secondo millennio sono sorte in valle due istituzioni - il Centro Studi Valle Imagna e l’Antenna Europea del Romanico – avviate dalle medesime persone, capaci di produrre interventi di rilievo sul piano della ricerca e della valorizzazione del patrimonio culturale. Un periodo ricco e fecondo di entusiasmi. È difficile comprendere come si è trasformato quel sogno iniziale, tanto in Alta Valle Imagna quanto nell’area pedemontana, poiché la realtà è molto più complessa e articolata di quel che appare a prima vista e, di norma, si presenta come un labirinto di progetti e tensioni difficilmente paragonabili e spesso portatrici anche di contraddizioni. Mentre ho sempre coordinato l’attività del Centro Studi, da alcuni anni non seguo più da vicino l’attività dell’Antenna e, di conseguenza, mi è difficile esprimere valutazioni, soprattutto dopo il suo passaggio a Fondazione. Mi limito, quindi, a osservare a distanza una realtà amata, lasciandomi trasportare, come in questo momento, da alcune riflessioni personali. Non senza un po’ di nostalgia.

 

 

Penso alle molte relazioni costruite in quel periodo con diversi gruppi operanti in alcune regioni d’Europa, nonostante le difficoltà - resesi subito evidenti - di tenere insieme in modo equilibrato le due “anime” dell’Antenna: quella locale, attenta alle espressioni sociali del territorio, e quella europea, orientata invece ad approdare nei vari lidi del Romanico d’Oltralpe, in relazione alla funzione di “cabina di regia” assunta e unanimemente riconosciuta in capo a Lemine. Anime per tratti anche in contesa, espressioni di due orientamenti che, comunque, si sono rivelate in grado di elaborare di volta in volta percorsi culturali e artistici, turistici e socio-economici. In relazione alle circostanze di tempo e alle sensibilità dei dirigenti dell’Antenna, sono prevalsi e prevalgono alcuni aspetti, anziché altri, nel continuo confronto/scontro tra le diverse tensioni interne all’associazione; alle espressioni per così dire “colte” della cultura hanno fatto eco quelle più di natura popolare, altrettanto importanti e degne di rilievo. L’attività dell’Antenna è sempre stata caratterizzata da una sorta di doppio binario, dove hanno preso forma le diverse attività animative, per contemperare le molteplici pulsioni ed evitare da un lato che l’istituzione si trasformasse in un circolo accademico in senso stretto, senza per questo correre il rischio che, dall’altra parte, diventasse un semplice braccio turistico degli enti locali. Una difficile mediazione tra le parti in equilibrio, dentro un sistema di controllo reciproco con pesi e contrappesi. In altri termini, per fare un esempio, così come l’Antenna ha sostenuto il Mercato agricolo, dando spazio agli artigiani del cibo presenti sul territorio affinchè si potessero riconoscere all’interno della medesima dimensione culturale e socio-economica, allo stesso modo mi piace pensare che, con la stessa determinazione, in questi anni il sodalizio abbia implementato la biblioteca, nella sua dichiarata specializzazione sugli studi del Romanico, accogliendo ricerche e pubblicazioni da tutto il contesto europeo, per costituire in loco un prezioso centro bibliografico per studiosi e ricercatori.

 

 

Mentre incalzano pensieri un po’ disordinati e un po’ contraddittori, osservo la massa di persone in movimento davanti ai banchetti ben assortiti del Mercato agricolo. Sono da poco passate le quattro del pomeriggio di una domenica tiepida e soleggiata, nonostante ci troviamo ancora in pieno inverno. Persone singole, gruppi di famiglie con bambini, coppie d’innamorati sono a passeggio. Qualcuno si ferma, incuriosito, ad assaggiare le primizie offerte, altri acquistano i beni alimentari proposti in bella mostra, mentre i più procedono guardando avanti, trascinati dalla corrente, probabilmente senza nemmeno più cogliere la magia e la fortuna di ritrovarsi in questo luogo così particolare. La Rotonda è solo il punto terminale della passeggiata, il giro di boa da cui fare ritorno…

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