Il mercatino dell’Albenza è riuscito anche quest’anno a trasmettere alcune principali caratteri della tradizione contadina e a valorizzare con semplicità i prodotti della terra, ottenuti dal lavoro costante e assiduo degli operosi artigiani del cibo della zona. Sotto i gazebo colorati hanno trovato ospitalità anche stracchini e altri formaggi vaccini, pecorini e caprini, vini ottenuti dalle uve sempre abbondanti sulle colline tra Lemine e Pontida, anche birre di produzione artigianale, dolci, ciliegie… La tavolozza di sapori della terra d’Albenza si è presentata ricca e articolata di antichi e nuovi saperi, mentre le balze terrazzate, spesso modellate per permettere il passaggio del trattore, si colorano di tuberi, ortaggi, piante da frutta. Relazioni ambientali e produzioni locali a misura d’uomo. Quassù i campi non sono solo dei numeri sui mappale, ma hanno ciascuno il proprio nome, proprio come le persone, e i frutti raccolti sono ascrivibili al lavoro diretto dei contadini, soprattutto delle famiglie rurali, che continuano a tramandare antiche pratiche agricole e di conservazione del contesto, oggi più che mai ancora riconoscibili e attuali. Sono le stesse persone che, proprio questa mattina, in compagnia dell’amico Cesare, verso le ore undici, probabilmente dopo la celebrazione della mèsa granda, ho sentito giocare a la mura. Sopra di noi, dalla tensostruttura collocata a fianco della chiesa parrocchiale, giungevano bene scandite le voci gridate di un gruppetto improvvisato di giocatori.
Il paesaggio sonoro del contesto rurale improvvisamente si arricchiva di una componente umana fortemente identitaria, in grado di collocare la nostra presenza all’interno di una comune matrice culturale. Giocavano alla morra i soldati nelle trincee, i contadini la festa nelle osterie, i ragazzi nel prato urlando numeri e gesticolando con le mani in atteggiamento di sfida, oppure durante le occasioni conviviali. Da tempo non sentivo quelle urla decise, accompagnate dal tonfo di pugno picchiato sul robusto tavolo. Mi pareva persino di vederli i quattro giocatori sfidarsi in quel gioco di abilità d’altri tempi, per velocità, intuizione e mente fredda, gli uni davanti agli altri, formando un coro di voci baritone cariche di vitalità. Volti come tanti altri presenti al mercato. Non c’era festa contadina che non si concludesse con il gioco della morra, trasmettendo a ragazzi e persone adulte forza e carica motiva. Alla morra si giocava seduti al tavolo, ma anche accovacciati nel prato, oppure stando in piedi, per strada. Dalle mie parti, in alta Valle Imagna, ricordo il tratto del giocatore incurvato con l’avambraccio della mano sinistra appoggiato al tavolo, come proteso contro lo sfidante, mentre con la mano destra picchiava i numeri prescelti sul tavolo. Le mani, sempre in movimento, si distendevano e ritiravano in continuazione, disegnando sul tavolo strani movimenti, espressivi di un linguaggio che solo i giocatori sapevano comprendere sino in fondo. Non mancavano frequenti contestazioni per numeri volutamente mal pronunciati, oppure solo accennati, e ancora più difficilmente compresi. Forza, determinazione, furbizia, destrezza e agilità mentale qualificavano i migliori giocatori. Bastavano pochi punti per avviare e concludere una partita, lanciare una sfida o affermare le proprie abilità.
- Come mai essé tarde? – gli chiese il nonno.
- Sù stàcc a l’osteréa a dögà a la mura!... - gli rispose il giovanotto, il quale, per giustificare il suo comportamento, aggiunse quest’altro particolare:
- Ol Tóne l’à mitìt sö la sò àca!...
- E dòpo, cum’ìla ‘ndàcia a finì? - replicò il Tata.
- Chelò un’ùra i vì a tö la nòstra de àca!... - fu la rassegnata conclusione.
Triste epilogo per quel giovanotto dalle ardite speranze. Molte volte il gioco della morra, non a caso considerato d’azzardo, soprattutto a causa delle puntate a premio, dava luogo ad accese discussioni e litigi. I tempi sono cambiati, ma all’Albenza la coltivazione di piccoli frutti, il rumore dei trattori e il gioco della morra continuano a rappresentare lo specchio di una vivace, laboriosa e festosa appartenenza delle famiglie rurali al loro territorio. Cosa centra la morra con i lamponi e gli altri prodotti tipici dell'Albenza? Sono esattamente due facce di una stessa medaglia che attribuisce qualità ambientale di particolare pregio a un contesto umano ancora ricco di espressioni di vita autentiche a contatto con la natura e di valori sociali di cui solo Dio sa quanto ne abbiamo bisogno al giorno d'oggi! Rivelazioni vive di una comunità rurale fervida e operosa. Grazie, dunque, alla Pro Loco di Almenno e alla comunità dell’Albenza per averci trasmesso queste emozioni.
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