Non era
ancora giunta la primavera, ma Cèsco
già pensava a quello che avrebbe dovuto seminare nell’orticello dietro casa,
radicchi e insalata, pomodori, aglio e prezzemolo, anche carote e patate.
Prima, però, doveva preparare il terreno, estirpando le erbacce e rivoltandolo
zolla dopo zolla con la vanga: quindi andava concimato con una buona dose di rüt di stalla bovina, infine riordinato
con la zappa, per miscelare il letame col terriccio, sfragoià fò quelle zolle ancora compatte, seminare e livellare la
superficie, che avrebbe restituito all’orto le sue floride sembianze, pronto ad
offrire verdure e tuberi nostrani.
C’erano
tante cose ancora da fare e Cèsco già
pensava ai vari attrezzi che gli sarebbero serviti. È abituato da una vita ad
anticipare esigenze e bisogni, per non trovarsi spiazzato all’ultimo momento. Portàss ennàc è sempre stato il suo modus vivendi. Lui è fatto così e non è
mai arrivato in ritardo ad un appuntamento con la natura.
Quella
volta, però, mentre già impostava nella sua testa le geometrie dell’orto per la
nuova stagione, ipotizzando una prima distribuzione dello spazio dove
accogliere i vari prodotti (l’insalata di qua, i cetrioli di là, i fagioli
vicino alla rete,…) e pregustando già tenere foglioline di verdura fresca, succosi
pomodori, cipolle dorate e croccanti cetrioli... all’improvviso il suo volto
s’incupì, come quando l’azzurro cielo di maggio viene attraversato da nuvoloni
neri carichi di acqua e tempesta. Si ricordò che l’anno prima aveva prestato la
zappa a Mirella, sua nuora, per incoraggiarla a coltivare una striscia di terra
tra un muretto e l’altro del giardino dietro casa, e di non averla più rivista
da allora.
Cèsco voleva assolutamente riavere la
sua zappa! Tutta la famiglia si attivò per ritrovare quello stumento utile a smuovere
le zolle, sradicare erbe estranee ed estirpare infestanti. Altro che motozappe
o diserbanti! Piano piano, con pazienza, stagione dopo stagione, quella zappa
aveva dissodato e umanizzato una montagna di terra nera e ricca di humus, sostenendo il peso di antiche
fatiche, umili e testarde.
Dov’era
finita quella benedetta zappa? Vane le ricerche sotto la tettoia della legna,
dove di norma sono riposti gli attrezzi agricoli, e così pure nel garage e anche
presso le varie stalle, rovistando tra le tante cose ammucchiate qua e là. Niente.
Cèsco non mancava di interrogare
ripetutamente Mirella e gli altri familiari, nel corso delle varie visite a casa
sua:
-
L’ìv troàda la mià zapa?...
L’imbarazzo si
ripeteva ogni volta, quando alla temuta domanda faceva seguito la solita
risposta negativa. Al punto che Ugo, suo figlio, gli portò una zappa nuova di
zecca, che acquistò alla Felìsa, dal Danèla, il mastro ferraio presso il
quale contadini e allevatori, carbonai e boscaioli da generazioni si
riforniscono dei vari attrezzi per i diversi lavori nell’orto, nel campo e nel
bosco: ànghe, zape, zapù, corlà, scursì,
pegassì, felpe,… L’iniziativa non ha riscosso l’attesa approvazione, perché
Cèsco non voleva una zapa qualsiasi, seppure nuova, ma il suo
attrezzo contadino, col quale aveva stretto una sorta di solida alleanza.
Mentre Mirella
e la zappa continuavano a giocare inconsapevolmente a nascondino – perché, si
sa, la casa non porta via niente, però sa nascondere molto bene – finalmente,
in un giorno straordinariamente luminoso, quando ormai si stavano perdendo le
speranze del ritrovamento, la zappa inaspettatamente ricomparve, rivelandosi proprio
sotto la statua di una scrostata Madonnina di gesso, da anni collocata sul
davanzale di una finestrella, posta nella parte alta del muro della casa per
interrompere la continuità delle pietre che lo rivestono. Si presentò dinnanzi
a Mirella senza manico, d’accordo, ma in tutta la sua forma insolitamente
rotonda.
La donna
s’illuminò nel vederla e, dopo averla cercata tanto, la rimirò a lungo, rigirandola
tra le mani e rendendosi inconsciamente conto di quanto fosse particolare
quell’attrezzo tanto desiderato da Cèsco.
Lo raggiunse immediatamente, presentandosi dinnanzi ma con la zappa nascosta
tra le mani dietro la schiena, e gli chiese felice e quasi divertita:
- Indovini cosa ho tra le mani?...
Dal suo
letto, dove è condannato - per più ore di quanto lui voglia - al riposo
forzato, Cèsco non poteva immaginare
il contenuto di tanto ardore. Sfoderò però un grande sorriso e i suoi occhi si
illuminarono di una nuova luce alla vista della sua zappa finalmente ritrovata
e ora ritornata lì, da toccare!
- La mià zapa!... - esclamò Cèsco,
con l’emozione in gola.
- L’ho trovata
sul davanzale della finestra della caldaia, ai piedi della statua della
Madonna! Quasi un miracolo!... - disse Mirella.
Dopo
qualche istante di silenzio, Cèsco
iniziò a raccontare la storia di quell’arnese, acquistato molti anni prima,
insieme ad altri strumenti di lavoro, nella Vallée de Tavannes, dove ha fatto
il boscaiolo per quasi quarant’anni, e quindi portato dalla Svizzera in Italia dentro
la sua valigia d’emigrante. Quella zapa
l’aveva usata nei vari appezzamenti di terra vicini alle stalle acquistate o
costruite con le rimesse di denaro al termine delle sue campagne lavorative
all’estero: Calf, Stalì, Crüsür, Calsinù.
Al limitare del pascolo, verso il bosco, invece, era stata utilissima per
sradicare i rovi che avanzavano inesorabili alla conquista di nuovo terreno. Agile,
ma potente. L’aveva poi prestata a un
compaesano, che gliel’aveva restituita scheggiata e mancante di un angolo; la
risagomò lui stesso, con paziente lavoro alla ruota della móla, e, ritrovata una giusta simmetria, la utilizzò ancora per
decenni, con passione e tanta energia. Pierina, sua moglie, le ridarà un’altra
volta vita con un manico nuovo, scelto tra i diversi bastoni fatti essiccare e conservati
in cantina per lo scopo. Pure lei la sa maneggiare molto bene e ride osservando
la scena.
A
guardarla bene, ci si accorge che è proprio speciale, quella zapa, dalla forma rotonda e armoniosa.
Mirella avrebbe voluto riportarla via, per restituirla con il manico e pronta
all’uso, evitando così alla nonna un’ennesima fatica, ma non ci fu nulla da
fare:
- No! No!
No!... – rispose Cèsco, imponendosi
con fermezza. Quella zappa, felicemente ritornata a casa, non l’avrebbe data
più a nessuno. La fece appoggiare per terra, appena oltre la porta della camera,
per essere rimirata ancora un po’, prima di depositarla sul terrazzo.
Cèsco vuole tornare a calpestare e
lavorare la terra, calzare i vecchi scarponi, risvoltare fin oltre il gomito le
maniche della camicia, tacà dó la felépa
alla cintura delle robuste braghe de
föstàgn, maneggiare nell’orto ànga e zapa. Vuole guarire per tornare a
uscire di casa, in autonomia, e respirare a
bunùra l’aria fresca della sua valle, fare qualcosa, sentirsi ancora utile
per tutti. Così, prima che Mirella si congedasse, mormorò:
- Adèss che la m’à fàcc troà la mià zapa, la
Madóna mè che la me fàghe ön ótro meràcol: de fàm guarì per tornà a dovràla!...
La tenacia vince sempre... abbiamo molto da imparare.
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