RACCOLTA DI DIVERSI RIMEDJ A VARJ MALI - UN RICETTARIO LOMBARDO DI MEDICINA POPOLARE DEL DICIOTTESIMO SECOLO - IL NUOVO LIBRO DEL CENTRO STUDI VALLE IMAGNA
Un caro amico si è scandalizzato (o ha fatto finta di esserlo), leggendo l’ultimo post in cui si annunciava l’imminenza del nuovo libro A catàr la cucagna sull’emigrazione bergamasca in Brasile nella seconda metà del diciannovesimo secolo, per il fatto che il processo di colonizzazione di ampi territori dell’America latina, come è successo anche negli Stati Uniti, è avvenuto contestualmente alla distruzione delle culture preesistenti degli indigeni - indios e indiani - perseguita anche attraverso l’eliminazione fisica delle popolazioni native. I primi coloni hanno introdotto il concetto di proprietà privata, costruendo recinzioni e alzando steccati per impedire a chiunque l’accesso nei fondi loro assegnati, mettendo in atto misure anche drastiche per la difesa dei nuovi confini. Le autorità centrali hanno promosso e sostenuto il processo di colonizzazione non solo per sfruttare ampie porzioni di territorio ancora inesplorate, ma soprattutto con l’obiettivo di estendere il potere di controllo, reso sicuro ed efficace attraverso l’azione dei coloni, anche nelle aree più periferiche del Paese e in prossimità dei confini statuali da salvaguardare. La memoria popolare conserva ancora vividi ricordi di quel periodo storico, a nemmeno centocinquanta anni di distanza, estremamente ricco di fermenti sociali ed economici, e nelle famiglie dei protagonisti audaci e ardimentosi di quell’epopea migratoria in Brasile verso la fine dell’Ottocento i racconti, trasmessi da una generazione all’altra, sono ancora ricchi di particolari. Un acuto osservatore della società latino-americana mi ha recentemente trasmesso un’efficace sintesi storica del processo di colonizzazione delle immense regioni sudamericane, avviato ormai oltre cinquecento anni orsono: gli Spagnoli sono sbarcati nel Nuovo Mondo con la spada, da conquistatori; gli Inglesi hanno sfruttato le ingenti risorse di quel territorio con il denaro, attraverso le società finanziarie e nei diversi settori delle comunicazioni; infine gli Italiani hanno introdotto, anziché spade e denari, tanto lavoro. Un lavoro per il quale era valsa la scelta migratoria di migliaia di connazionali, dalle lontane origini sino alla nuova terra, situata al di là del grande mare; un lavoro che andava difeso ad ogni costo e continuamente fatto oggetto di conquista.
Chissà se il nostro gradito avventore culturale si scandalizzerà parimenti quando si confronterà anche con un altro volume del Centro Studi Valle Imagna, che tra poche settimane vedrà la luce, leggendo ricette di medicina popolare tradizionale a base di sangue di drago, bezoar, corno dell’unicorno, e ancora polvere di cranio umano, tele di ragno fritte, polmone di volpe,... Non siamo stati trasportati all’improvviso nell’antro di una strega malvagia - scrive Fabrizia Milani, coautrice del volume - ma indietro nel tempo di qualche secolo. Ciò che a noi oggi appare strano e sconsiderato, o peggio ancora un atto criminale, se calato nel contesto del suo tempo, dentro lo stato delle conoscenze e alla luce delle percezioni sociali che lo hanno caratterizzato, il fatto non può che assumere connotazioni diverse, non tanto sul piano morale, sempre concreto e attuale, quanto in ordine ai presupposti politici ed economici alla base dei diversi fenomeni sociali che lo hanno caratterizzato. Chi al giorno d’oggi si addentrerebbe nella foresta costringendo i nativi a sgombrare il campo, oppur farebbe uso di polvere di cranio umano per curar l’epilessia? Nessuno, ovviamente. Attorno alla seconda metà del 1700 - continua a scrivere Fabrizia - un personaggio ad oggi ancora sconosciuto decise di raccogliere, su un piccolo libriccino di carta di stracci, con la sua grafia tremolante da persona anziana, alcuni dei rimedi medicinali tipici della sua epoca, che oggi ci paiono tanto assurdi ma che, allora, erano parte fondamentale della medicina ufficiale, fondata su presupporti empirici, per tratti anche “credulona”, ossia pronta a credere a tutto quanto i curatori popolari vantavano o promettevano, perché… ogni medico è buon se l’indovina – così è scritto nella breve introduzione della seconda raccolta di Rimedj.
Il curioso volumetto originale, dalle dimensioni tascabili, offre due raccolte di rimedi popolari, la prima composta da settantadue pagine, la seconda da trentotto, e ha attraversato i secoli giungendo sino ai nostri giorni e attualmente è conservato nella biblioteca della famiglia Locatelli di Corna Imagna, proveniente dal fondo di testi e documenti di Gio Domenico Locatelli, già perito agrimensore della Repubblica veneta. Il prezioso carnet ci consegna centonovantuno rimedi medicinali a base di più di duecento specie vegetali e di altre sostanze di origine minerale, animale e umana, raccolti in un misto di italiano, latino e dialetto lombardo. Abbiamo dinanzi uno spaccato di pratiche curative tradizionali che precedono la medicina scientifica, ampiamente diffusa dalla metà del ventesimo secolo. Trasmessi da una generazione all’altra, soprattutto in ambito domestico e familiare, ma rafforzati da curatori popolari, mammane, depositari di segni guaritivi, i rimedi popolari per fronteggiar i vari malj propongono decotti (per estrarre da piante ed erbe i principi attivi e gli aromi), impiastri (da applicare sulle parti esterne dolenti), infusi, polveri misteriose e preparati magici, ma suggeriscono anche comportamenti e pratiche dietetiche. Per guarir dal capo dolente occorre spargere sulla parte ammalata una sottile polvere di corna di capra selvatica e di verbena. Invece per attenuare il dolore dei bambini allo spuntare dei primi denti, occorre sfregare la gengiva con un dito bagnato di sangue cavato da un gallo vecchio. Per curare le ferite da taglio, invece, si propone un’infusione composta da aceto distillato, spirito di vitriolo di vino rettificato, coccherilla dell’alchermes, garofali, noce moscata e sangue di drago. Altre cure sono descritte per fronteggiare peste, rogna, vaiolo, scorbuto, e poi, ancora, per curare sciatica, sordità, cecità, tosse e vermi nei fanciulli,…
Il nuovo volume apre un ulteriore squarcio di conoscenza sulla medicina popolare del contesto lombardo nelle sue varie componenti, soprattutto quelle botaniche, e si inserisce nel solco di specifiche ricerche condotte dal Centro Studi Valle Imagna sull’argomento. Richiamo innanzitutto il volume La medicina popolare in Valle Imagna del professor Giovanni Maconi, un caro amico che ricordo con profondo ossequio, pubblicato nel 2006 da questo sodalizio culturale: il noto chirurgo ha messo in evidenza le componenti magiche, religiose ed empiriche della tradizione locale tra l’Ottocento e il secolo scorso. Come pure non si può dimenticare il libro Culp de mòrbe di Bruno Milesi, pubblicato nl 2016, attinente ai medicamenti e rimedi popolari tradizionali per curar le malattie degli animali nelle valli orobiche. Quest’ultimo volume, Raccolta di diversi Rimedj a varj Mali, frutto dell’appassionato lavoro d’indagine della dottoressa Fabrizia Milani e della professoressa Gelsomina Fico, realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Milano e con l’apporto di diversi esperti di storia e del restauro, è stato avviato circa sette anni orsono, con l’obiettivo di far luce sul prezioso documento depositato nel giacimento culturale di una famiglia originaria della montagna bergamasca. Alla trascrizione letterale del documento, opportunamente postillato e corredato da un utile apparato di note e testi di riferimento, ha fatto seguito lo studio vero e proprio, soprattutto sotto il profilo etno-botanico, per cogliere l’uso e le proprietà delle molte specie vegetali citate nel manoscritto e utilizzate a scopo curativo e medicamentoso. Una tabella di utile lettura mette in relazione le singole specie vegetali con i rispettivi rimedi popolari, le diverse azioni dedotte e la rispettiva letteratura scientifica.
Questa
pubblicazione – conclude Fabrizia Milani - non si propone quale come raccolta
di una testimonianza antica e preziosa, ma soprattutto come analisi accurata
delle specie vegetali citate, da un punto di vista botanico e farmacologico. Le
informazioni originali, completamente digitalizzate e rese così di facile
lettura, si arricchiscono in questo modo anche di un valore scientifico che le
rende ancora più preziose. La presentazione di cinquanta schede botaniche di
alcune tra le specie più significative citate, la maggior parte delle quali
riscontrabili sul territorio della Valle Imagna, lega indissolubilmente il
manoscritto e il suo autore al territorio bergamasco, che diviene così il
custode di un inestimabile sapere antico.
Ogni secolo ha le sue malattie prevalenti: nel Seicento la peste, nel Settecento il vaiolo, nell’Ottocento colera e tubercolosi, nel Novecento il cancro, mentre all’alba del nuovo millennio, nonostante le notevoli conquiste della medicina scientifica, soprattutto sul piano delle profilassi contro le malattie infettive, è il coronavirus a caratterizzare le paure sanitarie, sociali ed economiche della popolazione, nei confronti della quale la nuova infezione virale è particolarmente aggressiva e in rapida propagazione. La medicina ufficiale è tuttora in cerca di Rimedj efficaci, che ancora attendono di essere sperimentati e codificati.
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